Secondo le più recenti proiezioni demografiche dell’ISTAT, l’Italia sta affrontando un rapido invecchiamento della popolazione, con importanti implicazioni per il mondo del lavoro e la sostenibilità del sistema socio-economico.
Proiezioni ISTAT su lavoratori anziani e invecchiamento (2025–2040)
Crescita della popolazione anziana:
La quota di persone con più di 65 anni passerà dal 23,8% nel 2022 al 34,5% nel 2050
Declino della popolazione attiva:
La popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è in calo costante: si prevede una riduzione di circa 4,6 milioni di persone entro il 2050.
Questo comporterà un aumento del tasso di dipendenza, ovvero il rapporto tra popolazione non attiva e attiva, che passerà da circa 2:3 a 1:1.
Lavoratori anziani:
L’ISTAT evidenzia che sempre più persone lavoreranno oltre i 65 anni, sia per necessità economiche sia per effetto dell’allungamento della vita e delle riforme pensionistiche.
Si stima che entro il 2040, una quota crescente di occupati sarà composta da over 60, con implicazioni su produttività, formazione continua e adattamento dei luoghi di lavoro.
Sfide e opportunità:
Le imprese dovranno investire in politiche di age management, formazione continua e flessibilità lavorativa.
Sarà cruciale promuovere l’invecchiamento attivo e la partecipazione degli anziani alla vita economica e sociale.
https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/05/Capitolo-2.pdf
Corsi e ricorsi…
Che sia a causa del calo demografico, che sia una rivalutazione della politica finora applicata, ora pare si stiano rivalutando le posizioni.
Si chiamano “older workers”
Pare non si assentino così spesso.
Più pragmatici.
Più fedeli all’impresa e meno concentrati su altri obiettivi.
Più motivati a dimostrare che esistono nella e per la società.
Hanno un bagaglio di conoscenze ed esperienze che li rendono più produttivi se motivati e supportati.
Ora anche l’ISTAT, pare, certifichi che il tasso di occupazione dei “vecchi” cresce 4 volte più dei giovani.
I perché ipotizzati?
Forse le donne non hanno l’assillo dei figli e non hanno il complesso della “nobody wife” (grazie anche a politiche di supporto disincentivanti per le giovani madri).
Forse gli uomini oggi sono meno arroganti di un tempo e danno ai colleghi maggiore serenità… sono forse oggi percepiti meno bulli?
Le aziende stanno forse iniziando a sviluppare azioni di mantenimento dei lavoratori anziani con l’obiettivo di continuare a sfruttarne il potenziale ed incrementare il loro apporto a fronte di nuove sfide, o per farli tornare ai livelli precedenti dopo una riallocazione o rivalutazione?
In ogni caso si riscopre che i lavoratori più in avanti con l’età sono una risorsa da non perdere e da valorizzare per le loro conoscenze, che possono rivelarsi importanti, sia in ambito sociale che lavorativo.
È la società lo sta capendo e quindi favorendo?
Sono tanti i “forse“…
Tra un po’ forse riscopriremo il senso dell’apprendistato vero e non di forma?
Pensiamo positivo, in questo periodo così complesso.
È necessario e doveroso, cercando di semplificare e non complicare con i se e i ma! Forse
in ogni caso un’azione di prevenzione e di valutazione dei rischi da NON TRASCURARE è la gestione dell’età lavorativa e le variabili inevitabili da considerare.
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